In piazza XV Marzo, nel cuore del centro storico di Cosenza, sorge il Teatro A. Rendano.

Nel 1819, con decreto dell’intendente Alessandro Mandarino, iniziarono i lavori per la costruzione del Teatro Real Ferdinando, sul terreno in cui vi era una antica chiesa del soppresso ordine dei Gesuiti; il teatro venne ultimato nel 1830. Tornati i Gesuiti chiesero al re la restituzione dell’area occupata dal teatro, che 1853 venne demolito. Nel settembre 1860, il generale Garibaldi entrava in Cosenza ed in suo onore, sulle rovine del teatro Real Ferdinando, venne fatto costruire il Teatro Garibaldi, un baraccone di legno progettato dall’ing. Miceli. Nel 1877, la piazza venne allargata e il Comune decise di costruire un vero teatro sull’area del baraccone su progetto dell’architetto Zumpano. I lavori vennero completati nel 1895 col fondale disegnato da Domenico Morelli ed eseguito, nel 1901, da Paolo Vetri, raffigurante le nozze di Luigi III d’Angiò e di Margherita di Savoia celebrate in Cosenza nel 1433.

A pochi giorni dall’inaugurazione, con l’opera lirica Consuelo del concittadino Alfonso Rendano, cadde il soffitto, che fu poi rifatto e dipinto dal cosentino Enrico Salfi.

La definitiva e grandiosa inaugurazione avvenne il 20 novembre 1909, con l’Aida di Giuseppe Verdi, meraviglioso capolavoro musicale che raffigura l’essenza stessa del melodramma, il Teatro “A. Rendano” (allora Teatro Massimo) ha aperto le scene al pubblico; con questo allestimento prese l’avvio la lunga tradizione operistica cosentina. Nel 1937, il teatro venne intitolato ad “Alfonso Rendano”.Nel 1943 una bomba destinata al Castello Normanno-Svevo, sede della contraerea,  colpì in pieno il teatro. Nel 1964 iniziarono i lavori di ricostruzione e furono completati il 4 dicembre del 1966 grazie anche all’interessamento del Ministero ai LL.PP. Il 7 gennaio del 1967 fu nuovamente inaugurato con La Traviata di Verdi sotto l’abile direzione di Armando La Rosa Parodi, uno dei più illustri direttori d’orchestra del Novecento. Il 16 novembre 1976 il Teatro Comunale venne riconosciuto, con decreto ministeriale, “Teatro di Tradizione” per la qualificata attività culturale e artistica svolta.

I cittadini di Cosenza hanno continuato negli anni ad aspettare con ansia la programmazione del Teatro, che nel tempo, pur cambiando nome, ha mantenuto ininterrotto, per quanto possibile, un  trait d’union con il passato e con gli usi e costumi locali. È come se nel Massimo il tempo si fosse fermato e l’impostazione decisa all’inizio del Novecento sia stata custodita per tutto l’arco dei cento anni; di fatto, gli accostamenti delle opere hanno mantenuto un criterio comune.